L'arte di Renato Meneghetti si impone per una personale caratterizzazione espressiva nell'ambito del panorama artistico contemporaneo. Egli è un autore poliedrico, dotato di una versatile intuizione creativa che si accompagna a un rigoroso percorso di sperimentazione, connubio che lo ha portato a realizzare opere che sfidano nella loro genialità gli apparenti limiti spesso imposti all'opera dalla tecnica e dalla materia. Partendo da tali considerazioni si possono comprendere le motivazioni che hanno spinto i numerosi critici che si sono occupati del suo lavoro a muovere parallelismi di riflessione con il talento e l'ingegno di grandi personalità del passato da Dante a Leonardo, e per essere più vicini a un sentire contemporaneo a Magritte o ancora al Dadaismo, senza dimenticare la lezione delle neo-avanguardie, che cercavano attraverso l’arte di trovare un rimedio, una sorta di liberazione rispetto alla subnormalità del quotidiano. La verità, tuttavia è che questo artista rifugge ogni predefinita appartenenza, ogni incasellamento rigido, perché riesce a sintetizzare nella sua opera un variegato universo culturale, che attinge dalla storia dell’arte alla filosofia e alla psicanalisi.
Meneghetti dimostra una stupefacente abilità nel muoversi contemporaneamente su più livelli percettivi, indagando le frammentazioni dell’essere attraverso un linguaggio artistico che allo stesso tempo dialoga sia con la dimensione terrena che con quella ultraterrena. La morte è un referente costante nell’opera di Meneghetti, sia intesa nell'accezione materialistica come morte fisica, che in quella trascendente di morte spirituale. Analizzata seguendo tali parametri semantici l'opera d'arte acquista una funzione salvifica, perché permette di far affiorare dal più profondo del proprio spirito riflessioni, che ridotte a silente dialogo interiore non avrebbero la stessa risultanza comunicativa. Nell'uso delle diverse tecniche Meneghetti può essere definito “artista completo”: pittura, scultura, fotografia, video, in ognuna delle diverse discipline si muove con sapiente abilità. Nulla sfugge alla sua urgenza comunicativa. Egli utilizza ogni esperienza che la storia dell’arte e della tecnologia gli fornisce per dare immagine al suo sentire. Tutto può diventare “mezzo” per esprimere il disagio che agita l'animo, che muove le leggere evanescenze dei sogni, che ci fa avanzare tra le labirintiche tortuosità dell'incertezza dell'esistere. E anche negli accenti di sperimentazione estrema, Meneghetti sa stupire chi osserva perché utilizza strumenti e tecniche a sua disposizione per raggiungere risultati inediti, amalgamando gli elementi con l'arcana alchimia della saggezza sciamanica.
Questo intrigante avvicendamento compositivo, che chiama in causa la perenne trasmigrazione della materia stimola il suo pubblico, mostrando che non esistono percorsi precostituiti, inevitabili, ma che al contrario ogni cosa può essere studiata e utilizzata secondo una prospettiva differente rispetto alla predefinita logica comune. L’arte di Meneghetti non ambisce ad un assenso di mero valore estetico, non si propone traguardi rassicuranti, né chiede a priori consenso e condivisione d'intenti. È al contrario un’arte in cui si declinano i principi di un codice morale a cui l'artista si attiene, imponendo una correlazione dialettica alle sue creazioni, se pur queste si presentano estremamente eterogenee a livello formale. Tra i temi più ricorrenti del suo lavoro c'è quello sull'utilizzo della radiografia, che bene sintetizza il voler mettere l’uomo di fronte a se stesso, in una condizione di nudità ancora maggiore rispetto all'esteriore nudità fisica.
La radiografia è intrusiva, vede oltre la pelle e la carne, penetra nel profondo senza lasciare più nulla all’immaginazione e allo stesso tempo pone l’osservatore non solo di fronte alla sua essenza materica più intima, ma anche a due delle sue maggiori paure: la malattia e la morte. Per questo l’opera di questo artista ispirato coglie nel segno, non è transitoria, non regala piaceri fugaci ma penetra nell’animo e costringe in qualche modo a una riflessione che frantuma la superficie, si svincola dal quotidiano oblio di se stessi e guarda tra le viscere del mondo. Questi sono i presupposti della forza espressiva di Meneghetti. La scelta di traslare il proprio messaggio in soluzioni di natura concettuale non lo rende vittima di facili incomprensioni o banali personalizzazioni; i suoi pensieri e le sue illusioni si manifestano con sorprendente energia, e se ognuno vi risponderà in maniera soggettiva, sicuramente non potrà far altro che accrescerne l’impeto comunicativo. Contestualizzata nel contemporaneo l'opera di Meneghetti acquista profonda valenza semantica, andando a produrre una efficace denuncia su quella overdose di stimoli che la frenetica società dei consumi ci impone. Troppe informazioni, troppe voci, troppe immagini, troppa possibilità di scelta. E per tutta risposta il cervello dell'uomo si spegne, diventa passivo, smette di valutare, ponderare, prendere in considerazione ciò che in continuazione il mondo esterno gli propone, seguendo ritmi vertiginosi. Si arriva così all’altro grande concetto su cui l’arte di Meneghetti porta a riflettere: l’indifferenza. Questo concetto investe gran parte dell’opera di questo artista, che lo indaga puntualmente e restituisce immagini di chiara critica sociale, dove la vita è narrata nei suoi aspetti di miseria più svilente, su cui spesso si preferisce sorvolare, su cui raramente ci si sofferma, perché ormai si è accettato che esistano anche i poveri, i senzatetto, i clandestini, i bambini soldato. Questo straordinario uomo del Terzo millennio si è ormai assuefatto all'idea che si continui ogni giorno a parlare di guerre civili e genocidi, con migliaia di vittime in varie parti del mondo, per molti solo numeri, quasi a volerle privare ulteriormente di dignità, per alleggerire ulteriormente le coscienze di chi impassibile resta a guardare. Si accettano gli abusi dei diritti umani, l’inquinamento, si accetta ogni cosa convinti che sia inevitabile o che comunque non ci riguardi. Meneghetti pone invece il suo pubblico di fronte alle fotografie che immortalano i meno fortunati, di fronte a installazioni imponenti come Indifference, in cui una serie di teste di ceramica riposa sul pavimento, con gli occhi chiusi, simbolo di una coscienza addormentata, pronta a lasciarsi distruggere dal cieco incedere del delirio collettivo, una sorta di distruzione del significato catartico, il paradossale tentativo di rifuggire e di liberarsi di quella stessa indifferenza, che fino a oggi in qualche modo li ha salvati snaturandone la propria indole, facendoli vivere come automi che possono eseguire solo azioni di routine, senza attivare le funzionalità del pensiero. La partecipazione attiva che le persone mostrano di fronte all’opera è chiaro segno della capacità di Meneghetti di far leva sul coinvolgimento emotivo e psicologico del soggetto. L’imperativo sotteso a queste installazioni è soltanto uno: sollecitare la riflessione sostenuta da uno stato di coscienza. Va da sé che la rappresentazione del cervello e delle sue funzionalità diventi parte del repertorio artistico dello scultore. Il cervello viene definito opzionale, perché appunto può essere utilizzato o meno. Valorizzato o meno. E il cervello diventa anche un’enorme struttura gonfiabile, entro la quale ci si può avventurare alla scoperta di questo misterioso organo il cui funzionamento, buono o cattivo che sia, influenza la nostra esistenza nel particolare e l’andamento della società e il progresso civile in generale. Il cervello che si sgonfia è il pensiero che muore, è la vita che si spegne, che si svuota di significato per diventare amorfa esistenza. Spetta al singolo rimettere invece in funzione le proprie capacità cognitive, “rigonfiare il cervello”. Il video Optional e il gigante espresso nel cervello gonfiabile di vinile trasparente, mettono in rilievo un’altra grande abilità di Meneghetti: quella di muoversi con disinvoltura nel mondo della fantascienza e di renderlo finalmente vicino, a tutti gli effetti tangibile.
Con la sua arte Meneghetti pone, dunque, l’individuo di fronte ai drammi, alle lacerazioni, alle meschinità del nostro tempo. Se si è tentati di rivolgere ancora una volta lo sguardo altrove, di fare finta che tutto questo non ci riguardi, la potenza evocativa di questo artista non lo permette. L’ uomo davanti all'opera è costretto a confrontarsi con il peggio di sé, con i propri incubi e fantasmi, con le proprie fragilità e la propria viltà. Questo modo di procedere appare a prima vista perentorio e crudele. Le opere in oggetto mostrano infatti il lato più sofferto e complesso dell'esistere, eppure il messaggio finale è di speranza, la speranza di chi comunica con il pubblico perché ha fede nella proiezione di un cambiamento, intravede bagliori perchè possono svelarsi quali tracce di nuovi sentieri di luce. Chi osserva infatti, è posto di fronte a una scelta, continuare a sopravvivere annegando a poco a poco nelle proprie paure oppure affrontarle, fare la propria parte per risollevare le sorti di quest’umanità svuotata della sua essenza, che sembra aver perduto di vista il valore etico del proprio vivere.
Paolo Levi