Under the skin in Venice
edit by Andrea Bastreghi
(only intalian version)

“Fare una radiografia” nel linguaggio moderno significa osservare attentamente, andare a vedere con la lente di ingrandimento, cercare il minimo dettaglio. Per Meneghetti questa pratica da tempo significa dare fisicità, consistenza reale e corpo, a immagini divenute icone della Storia dell’Arte scritta dai grandi maestri del passato. Alla Biennale di Venezia 2011 partendo dal Cristo morto del Mantegna, progetto pensato dall’architetto Alberto Bartalini e condiviso fin dall’origine da Vittorio Sgarbi, Meneghetti viene sollecitato ad abbandonare quel percorso per dedicare la sua indagine ad autori misconosciuti e servire ai visitatori una comunicazione su quella che dovrebbe essere la promozione dell’Arte, da tutti auspicata ma non praticata. In questa operazione di Bartalini, coma ha ravvisato Achille Bonito Oliva riferendosi ad altri interventi della stessa Biennale, “… l’opera si fa casa dell’arte, architetture accogliente e luogo ospitale per altri artisti”.

“Sottopelle” offre infatti la sua ospitalità ad un’Ate contemporanea mono conosciuta e con il segno unificatore di Meneghetti crea una pinacoteca di autori ad alto rischio di negazione. Valorizzazione, con merito, di espressioni artistiche altrettanto meritevoli e che indica una nuova direzione per la ricerca, la conoscenza e la diffusione dell’Arte Contemporanea. La presentazione di questo progetto a Venezia 2011 è asciutta, essenziale, e i quattro Artisti contemporanei ospitati, Francesco Federighi, Renato Frosali, Roberto Gasperini e Stefano Stacchini dialogano con Mantegna in un ambiente che evoca fasti passati e tra le cui vestigia affiorano preziosità Francescane di chiaro sapore moderno. E Meneghetti, sollecitato, interviene in maniera nuova e con materiali diversi anche su una Sindone universale sospesa sulle rovine della vita. Durante la mia visita nel padiglione che ospita questa Opera, ho sentito intorno a me un senso perduto di eremitaggio e, nel silenzio dell’ambiente, il chiacchiericcio dei tanti personaggi che hanno lasciato lì la loro traccia mistica. Una volontà di negazione della morte, dice Bartalini, attraverso la distruzione delle angosce che questa si trascina dietro nella nostra cultura occidentale.