La Radiografia sbarca in Biennale
a cura di Alberto Mattia Martini per Expo Arte
  1. La radiografia sbarca in Biennale. In un primo momento il tuo lavoro doveva essere esposto “solo” all’interno del Padiglione Italia, ma poi ti è stato assegnato addirittura un intero padiglione di ben 700 mq. Ci spiegheresti questo importante riconoscimento nei confronti della tua ricerca e questa grande opportunità?

Sgarbi mi aveva invitato ad esporre al Padiglione Italia ma io non volevo partecipare alla Biennale con una o due opere al massimo e gli ho chiesto di darmi spazio adeguato per esporre 50 opere. Gli ho presentato un progetto, gli piacque molto e mi invitò ad esporre  nella sezione Padiglione Italia “Iniziativa Speciale per i 150 anni dell’Unità d’Italia” dove poteva darmi lo spazio necessario per una monografica. L’ installazione necessitava di uno spazio grande perché composta da 47 opere di grande formato e servivano almeno 700 mq. Lo spazio è stato reperito con la concessione da parte del demanio della tesa 99 all’Arsenale Novissi­mo a Venezia, grande capannone prospiciente il Padiglione Italia all’Arsenale sua sede storica. Ecco così l’intera facciata di 330 mq., ben visibile dalla sponda opposta, che introduce all’installazione ospitata all’interno. Quando il prof. Sgarbi è venuto a visitare la mia installazione, con una delle sue repentine decisioni ha or­dinato: ”voglio la tela x-ray del Cristo morto del Mantegna dipinta da Meneghetti al Padiglione Italia quale simbolo dell’intera installazione per invitare il mondo a visitarla, perchè davvero splendida, eccezionale, di bellezza superiore, bravo Meneghetti!”
Così si è fatto caricare in barca l’opera compreso il cavalletto che la sorreggeva portandola al Padiglione Italia dove attualmente è esposta. Ma… l’installazione è rimasta monca del dipinto dal quale tutta l’opera prende origine: infatti ora nell’installazione è esposta una copia. Si poneva però il problema di trovare all’ul­timo momento un’intellettuale che mi ri-segnalasse. Il grande poeta Andrea Zanzotto infatti mi aveva già segnalato per l’installazione “Il Cristo morto del Mantegna”  ma dieci giorni prima aveva anche segnalato il noto artista Marco Nereo Rotelli per l’opera “Lo Stato Poetico”. Per il grande poeta eravamo entrambi tra gli artisti di maggior interesse dell’ultimo decennio; però il re­golamento del Padiglione Italia non ammette la presentazione da parte dello stesso intellettuale di due artisti, cosa fare? “Marco Nereo Rotelli era stato segnalato prima di Meneghetti e quindi è corretto che sia lui a mantenere la segnalazione ma anche Meneghetti ne ha diritto”. Quindi, salomonica decisione di Sgarbi: “Marco Nereo Rotelli segnala Meneghetti e Andrea Zanzotto segnala Marco Nereo Rotelli.” Ho accettato perché Rotelli era stato curatore di importantissime mostre anche in occasione della Biennale di Szeemann e quindi all’altezza di segnalarmi.  

  1. La tematica che hai deciso di affrontare per l’occasione è una delle opere fondamentali dell’intera storia dell’arte e cioè “Il Cristo morto” del Mantegna. Quali sono le motivazioni che ti hanno portato a scegliere questo capolavoro

Sgarbi poteva ottenere il prestito dai Musei di Brera del “Lamento sul corpo di Cristo Morto “ del Mantegna, per esporlo in Biennale. Persa la carica di Sovrintendente non è più riuscito ad avere l’opera autentica ma l’idea era rimasta nell’aria. Ecco perché io e almeno altri 6 artisti abbiamo lavorato su quel tema che comunque mi affascinava moltissimo perché il Mantegna, togliendo tutti i riferimenti divini che l’iconografia religiosa era stata sempre attenta a non omettere, ha tolto la sacralità al Cristo per darla al solo corpo: mi ispirava molto spogliare ancor di più della sua Divinità il Cristo, andando oltre a quanto già non avesse fatto il grande Maestro, per renderlo più terreno. Mi intrigava altrettanto il fatto che da sempre la critica è stata portata a dibattere sul perché l’autore avesse scelto di violentare le leggi della prospettiva teorizzate dal contemporaneo Giovan Battista Alberti che pure conosceva molto bene. Una prospettiva ardita dal taglio, praticamente fotografico, e rivoluzionata nel contenuto. In quell’opera Mantegna ha annullato lo spazio intorno al suo Cristo morto e ciò mi dava la possibilità di immaginarlo e di ricrearlo senza vincoli; per questo ho scelto di collocare l’installazione in una tesa non ristrutturata dell’Arsenale Novissimo, magnifico sito di archeologia industriale dove, con il recupero architettonico dell’ambiente, usandone le rovine con pauperismo “francescano”, ho proposto distruzione e celebrato morte cercando di trasmettere il misticismo emanato dall’opera del grande maestro.
E poi, ancora, l’attualità di quel taglio fotografico del capolavoro…   
Quel Cristo, nel tempo, è diventato Che Guevara esposto dopo la sua uccisione in una prospettiva  molto simile, oppure ciascuno dei figli di Saddam crivellati di colpi mortali e mostrati al mondo come ostensione di morte certificata, oppure quella ancora non mostrata, ma già immaginabile, di Bin Laden, oppure ...
Corpi in grado di imprimere ciascuno il proprio sudario e lasciarci novelle sindoni.

  1. Il progetto presentato alla Biennale è nato con l’importante collaborazione con il regista Alberto Bartalini. Com’è nata questa collaborazione e perché

L’incontro tra me e il regista Alberto Bartalini è stato provocato da Vittorio Sgarbi che evidentemente aveva ravvisato nei due personaggi una chiara vena di follia creativa.
Sgarbi pensava che mettendoci insieme ne scaturisse un torrentello creativo e invece è stato investito da un fiume in piena che lo ha portato nel mare del mio “Cristo morto del Mantegna”.

  1. Nel tuo lavoro ottenuto per mezzo dell’intervento radiografico non ti sei concentrato solo sulle opere dei Grandi Maestri del passato ma anche su quelle di artisti contemporanei, che tu stesso definisci “abili ma ignorati”. Mi illustri i nomi di questi artisti e il significato di questa operazione

Il progetto mi vede impegnato nell’operazione radiografica non solo sull’opera del Grande Maestro del passato ma anche su quelle di artisti contemporanei abili ma ignorati, ai quali non viene rivolta attenzione né dalla critica né dal sistema dell’Arte. Operazione questa, culturalmente e socialmente molto attuale. Quattro artisti, Francesco Federighi, Renato Frosali, Roberto Gasperini e Stefano Stacchini indagano il Cristo del Mantegna e sotto la pelle di queste indagini pittoriche cerco con la radiografia, e le ri-propongo,grazie alla sovrapposizione delle x-rays, in suggestioni completamente nuove. Il mio intervento ai raggi x sullo stesso Mantegna diventa così l’anello di congiunzione tra il mio ciclo dedicato ai Grandi Maestri e le opere degli artisti misconosciuti. Gli artisti hanno collaborato per cercare di rigenerare un segno o un gesto, ed io, aspirando a trovare un punto zero, seppur tragico, per “novare” il mio già noto ciclo ma anche una sorta di mecenatismo e filantropia verso una moltitudine di artisti dimenticati.
Nel percorso si incontrano le opere dei quattro artisti enfatizzate dal mio intervento radiografico che ha stravolto le pitture, che restano però visibili perché realizzato trasparenza su trasparenza su lastre di plexiglass sovrapposte ai dipinti, dando così vita a opere completamente nuove ma che rispettano le opere originarie dei quattro artisti: collaborazione quindi non sopraffazione, non annullamento ma enfatizzazione.

  1. Il 2011 è stato un anno molto intenso dove hai realizzato importanti esposizioni e progetti; il prossimo futuro ti vedrà in un meritato riposo o ci sono già in cantiere altre idee

Le Mostre di Bassano del Grappa “I Bassano ai raggi x – Aldilà dell’occhio”, prorogata di un mese per la buona affluenza di pubblico, mi ha visto esporre in tre sedi Museali al fianco di Jacopo, Leandro e Francesco circa 200 opere ed è stata una discreta fatica. La mia presenza in tre sezioni alla 54° Biennale di Venezia, Padiglione Italia, si è rivelata un grande impegno, tre sezioni perché dalla fine della settimana prossima, oltre all’opera esposta nel Padiglione Italia “Il Cristo morto del Mantegna”, all’installazione “Sottopelle” alla tesa 99, saranno visibili anche le due facciate (660 mq.) delle tese 101, 102 all’Arsenale Novissimo, sede del CNR-ISMAR, anche queste prospicienti il Padiglione Italia, dove stiamo installando, con la regia di Alberto Bartalini, “La Bugia - anche gli elefanti hanno il naso lungo”: mini storia di Pinocchio dipinta da Babb (Giorgio Dal Canto) e da me re-interpretata ai raggi x per vedere dentro un inedito Pinocchio formato da microchip, pistoni, ingranaggi, ecc. che in una folle corsa si trasforma in bambino. Anche questa installazione è nel catalogo dell’Iniziativa speciale del Padiglione Italia alla 54°Esposizione Internazionale d’Arte per il 150° dall’unità d’Italia. Inoltre a Venezia sono presente anche a Palazzo Zenobio Collegio degli Armeni, anche questa una delle sedi espositive della Biennale, con i miei “Paralleli Vertebrali”, le note palme e x-rays di colonne vertebrali umane, che danno vita al parallelo tra pianta e colonna, e con 2 ampie vetrate di “Sensazione minima”, composizione di light boxes con lastre radiografiche dipinte. Questo per citare solamente le partecipazioni  in corso. Parlando del futuro ho rifiutato, per incompatibilità con la direzione artistica nonché regia, un prestigioso incarico dopo che con pagine intere sui mass-media e grossa campagna Nazionale di affissioni era stata annunciata e presentata la mia paternità per la scenografia del Teatro del Silenzio di Andrea Bocelli a Lajatico composta da due sculture monumentali e una grande installazione: il ben noto cervello gonfiabile “Optional”,in due esemplari, uno a terra e uno sospeso a 10 metri di altezza, che si sarebbero dovuti gonfiare e sgonfiare durante il concerto, e 200 lastre radiografiche dipinte dal ciclo  “Eghenetai!” a completamento della scena.  
Dopo la meritata pausa estiva darò realizzazione a una serie di nuove opere: sculture e installazioni sul tema del cervello e del suo annichilimento causato dalle troppe ore che passiamo davanti al televisore.

Per la pittura invece, probabilmente, salvo ripensamenti, essendo convinto di aver raggiunto l’”opera omnia” del ciclo Grandi Maestri con “Il lamento sul corpo di Cristo morto del Mantegna”, sempre fedele ai raggi x, ritornerò sui miei passi: sulle mie luci, sulle mie ombre. Alle mie sfumature.

2011
Alberto Mattia Martini