[...] Meneghetti è il traghettatore: il ponte tra la storia dell’arte ed il terzo millennio [...]
Andrea Mantegna - Lamento sul Cristo Morto - 2011, alcool su tela, cm 84,5x74,5
tratto
da
Renato Meneghetti: Guardare Dentro per Vedere Oltre
a cura di
Francesco Buranelli
Tutta l’arte occidentale si è sviluppata sulla vibrante e coinvolgente narrazione delle sacre scritture contribuendo a creare – fin dagli albori dell’arte paleocristiana – quell’”atlante iconografico”, di cui parlava Chagall. La Bibbia e i Vangeli sono stati la fonte di ispirazione principale per gli artisti più insigni di tutti i tempi che, con diversa sensibilità e qualità artistica, hanno saputo cogliere e rappresentare le narrazioni della Bibbia e la vita di Cristo.
Una infinità di insigni artisti hanno costellato questo cammino di civiltà, da Giotto, a Perugino, da Michelangelo, a Leonardo da Vinci, a Caravaggio, fino a Van Gogh, Picasso e Magritte. Uomini, ma soprattutto geni, hanno “creato” capolavori assoluti sui quali a loro volta si sono cimentate generazioni di nuovi artisti. Così Meneghetti ha iniziato a dipingere le sue radiografie, cercando la struttura di quei capolavori, di quei corpi, e perfino di quegli oggetti, per capire che cosa sorregge quelle figure, che cosa c’è dentro e oltre. Dal 1978, infatti, il maestro ha elaborato un suo linguaggio artistico attraverso la “finzione” della tecnica della radiografie fino ad applicarla ai soggetti pittorici dei “grandi maestri” del passato.
I numerosi critici che fino ad oggi si sono interessati all’opera
di Renato Meneghetti hanno tutti messo l’accento sulla sua incessante
ricerca dell’origine stessa della creatività andando a recuperare
la struttura della composizione oltre l’aspetto puramente visivo
dell’opera. Gillo Dorfles fu il primo ad attribuire alla ricerca
di Renato Meneghetti e all’uso delle radiografie una rilevanza
critica, fortemente innovativa, capace di aprire nuovi linguaggi per
l’arte contemporanea in Italia.
Tappe fondamentali di questo percorso artistico e della ricerca maturata
con l’inizio del nuovo millennio sono state la grande e bella mostra
allestita a Roma nel 2006 e la più piccola, ma forse più significativa,
esposizione realizzata a Bassano del Grappa nel 2011.
Achille Bonito Oliva ha evidenziato con grande efficacia le capacità di
Meneghetti di ricostruire, di fatto distruggendo, l’oggetto dall’inconscio,
arrivando ad affrontare l’origine dell’esistenza. Un ricerca
maturata “guardando dentro” ad una infinità di capolavori
pittorici che non è un puro esercizio tecnico, ma una ricerca
senza sosta che lo porta ad affrontare le domande basilari della nostra
realtà terrena.
Ecco dunque affiorare gradualmente la necessità di dare un senso a quella domanda, a quel “guardare dentro” per cercare il motore di tutte le cose, quel Dio che è il fine ultimo della nostra esistenza.
Tra i capolavori assoluti di questa tradizione artistica si colloca “quello quadro che fece el Mantegna de quello Cristo ch’è in scurto”: il Compianto del Cristo morto, conservato a Brera e dipinto da Andrea Mantegna attorno agli anni 1475-1478. Vi è raffigurato con un audace scorcio prospettico il corpo morto di Cristo parzialmente coperto dal lenzuolo funebre deposto sulla pietra dell’unzione, o secondo altre letture direttamente nel sepolcro.
[...] La straordinarietà dell’opera ha fatto sì che nei secoli moltissimi artisti si siano cimentati nella sua rilettura e in nuove proposte interpretative, dal Compianto sul Cristo morto attribuito al Sodoma giovane, alle opere di Lelio Orsi, di Annibale Carracci, di Orazio Borgianni e del Pordenone sulla controfacciata del Duomo di Cremona. Poi nella produzione artistica del Novecento il soggetto verrà nuovamente riproposto in dipinti, fotografie e filmati d’autore, quale fonte di ispirazione per esprimere i temi della sofferenza umana dovuti alla malattia (Alberto Sughi, Dentro la malattia), all’emarginazione (Pierpaolo Pasolini, nelle scene finali del film Mamma Roma), alla lotta politica (nelle storiche fotografie del corpo esanime di Che Guevara, vegliato dai compagni).
Quello del Mantegna è un Cristo interamente
uomo, raffigurato in una scena di potente pathos,
in cui sono proprio gli aspetti fisici a colpire lo spettatore: i piedi
contratti e forati dai chiodi, il sudario che sagoma le forme di un
corpo inerme, la testa abbandonata, la carne livida che contrasta con
il colore degli incarnati dei testimoni. Il dolore e la disperazione
prevalgono, sembra mancare anche l’attesa della pur più volte
annunciata resurrezione.
Si deve, invece, a Renato Meneghetti l’aver superato
la mera visione del corpo esanime ed aver ritrovato una potente via
espressiva alla trascendenza: nella sua opera Guardare
dentro per vedere oltre il Compianto di
Mantegna ispira in lui la necessità di una rilettura più “completa” della
Passione, che non si esaurisce nei segni della tortura, nelle piaghe,
nel pianto della madre, ma acquista il suo vero, direi unico, valore
nella resurrezione, in quel lampo di luce che ci accoglie all’ingresso
della chiesa e che ci acceca, come accecò le donne al sepolcro.
Una tela emulsionata della stessa misura della tela del Mantegna (cm 84,5 x 74,5) sono riprodotte, fotografate in bianco e nero, le parti marginali del dipinto originale (i testimoni piangenti, il cuscino e la lastra marmorea). Al centro, il corpo di Cristo è opera autografa ed originale di Renato Meneghetti realizzata con un montaggio di radiografie eseguite, osso per osso, direttamente sul proprio corpo, poi rilavorate per ottenere una struttura scheletrica anatomicamente perfetta, quindi deformate e “stirate” al computer per adattarle alla prospettiva di scorcio con un accurato e complesso lavoro, proprio della video art. A questo punto l’artista è intervenuto sulla tela eseguendo una pittura “a sottrazione” come lui stesso l’ha definita. Vale a dire ha steso due strati uniformi e monocromi di colore (prima il bianco e poi l’azzurro ciano) per poi asportare il pigmento con un paziente lavoro realizzato a pennello, con stracci, solventi e piccoli tamponi per ottenere le sfumature e far emergere gli strati sottostanti che gradualmente danno forma e profondità alla composizione esaltandone i chiaro scuri.
I pigmenti di colore stemperati in alcool una
volta distesi sulla superficie dell’opera sono stati fissati
con una particolare sostanza ideata da Meneghetti che ha anche la capacità di
riflettere la luce e di donare all’opera un vibrante effetto
luminoso.
Il corpo, in carne ed ossa, del Cristo – Uomo giace sulla pietra.
[...]
[...] Aver utilizzato le radiografie del proprio corpo per ricercare l’umanità di Cristo non è un atto di ybris da parte di Meneghetti, ma attesta la consapevolezza di un profondo rapporto con il Cristo, che evidentemente ha incontrato nell’intimità del suo essere, egli si pone nella linea dell’autoritratto, secondo una consolidata tradizione dell’arte italiana, molto presente anche nella raffigurazione dei santi e del Cristo. [...]
[...] Per arrivare alla Resurrezione Meneghetti ha cercato dentro quel corpo torturato, il proprio corpo, con il mezzo espressivo che più di ogni altro artista conosce e padroneggia e di cui è l’”inventore”: la radiografia. Molti artisti moderni da Bacon a Rauschenberg, fino ai contemporanei come Massimo Pulini e tanti altri, hanno usato le radiografie, ma per loro la lastra Xray è un supporto, un materiale con caratteristiche particolari, non un mezzo per indagare l’inconscio.
Leonardo Monnalisa del Giocondo o Duchessa di Francavilla 2010, pittura su tela, cm111x85 |
Leonardo Monnalisa del Giocondo o Duchessa di Francavilla 2010, pittura su tela, cm80x50 |
Leonardo Ritratto di Beatrice d’Este 2010, pittura su tela, cm80x60 |
Caravaggio La Deposizione di Cristo 2011, alcool su tela, cm150x100 |
Francesco
Bassano Adorazione dei Pastori (details) 2011, alcool su tela, cm150x100 |
Dalì Hypercubic Body 2010, pittura su tela, cm80x70 |
Ernst Oedipus Rex 2011, pittura su tela, cm70x80 |
Michelangelo
Igniudo 2011, pittura su tela, cm120x85 |
Perugino San Sebastiano 2010, pittura su tela, cm70x50 |
Leonardo Ritratto di Beatrice d’Este (detail) 2010, pittura su tela, cm75x140 |
Magritte Souvenir de Voyage 2010, pittura su tela, cm100x130 |
Picasso Las Senoritas de Avinòn (detail) 2010, pittura su tela, cm100x50 |
Picasso El Jersey Amarillo, Dora Maar 2008, pittura su tela, cm100x80 |
Picasso Estudio Acadèmico, Barcelona Hacia 2010, pittura su tela, cm100x60 |
Klimt Ritratto di Signora (detail) 2008, pittura su tela, cm35x35 |
Picasso El Jersey Amarillo, Dora Maar (detail) 2010, pittura su tela, cm115x150 |
Picasso El Sueno 2010, pittura su tela, cm60x70 |
Leonardo Dama dall'Armellino Ritratto di Cecilia Czartoryski 2010, pittura su tela, cm84x60 |
Leonardo Autoritratto 2010, pittura su tela, cm100x62 |
Leonardo San Giovanni Battista 2010, pittura su tela, cm80x60 |
Magritte La Carte Postal 2010, pittura su tela, cm100x70 |
Magritte Le Vacance de Hegel 2010, pittura su tela, cm100x90 |
Michelangelo Zaccaria 2011, pittura su tela, cm60x100 |
Schiele Busto Femminile sdraiato 2010, pittura su tela, cm60x100 |
Dali Gala nude from behind 2010, pittura su tela, cm66x50 |
Dali Girl seen from behind 2010, pittura su tela, cm100x70 |
STRALCI BIBLIOGRAFICI
[...] Guardare dentro, guardare oltre è da sempre uno degli intenti dell’alta cultura, di quella speciale forma di sapere che non si limita all’immediato e al contingente, al fenomeno, ma vuole comprendere ciò che si cela dietro, ad ogni visibilità, ad ogni percepibilità, per non rimanere imprigionati nel flusso della variabilità, delle imprevedibilità, stando dalla parte dell’energia, dell’evoluzione, cioè di tutte quelle cose che presiedono all’intelligenza, alla comprensione, all’invenzione della forma umana della creazione che ha bisogno di un linguaggio, di una sintassi e di una grammatica, per potersi svolgere, non solo in emozioni e sentimenti, ma anche in scoperta, in corpus scientifico. Il tempo presente e il tempo passato, introducono il tema della contemporaneità in arte, nella vita, nella storia: per Meneghetti il dialogo con i grandi maestri che riempiono le luci e le ombre del nostro immaginario, è necessario all’intimità del suo vedere oltre, del suo affidarsi ad una strumentazione scientifica che nel caso specifico non vede davvero, ma simula un sottostante che non esiste nella sua articolata fisicità. Le maschere vengono esaltate da una duplicità, che può venire da Klimt, Picasso, Dalì, Leonardo, mentre la lente radiografica è tutta di mano sua, in una sapiente reductio ad unum facendo apparire cose che non apparivano e svelando le trame segrete che sottendono ogni verità, i mille raggi invisibili che fanno affascinanti queste visibilità. [...]
Francesco Gallo
tratto da: "Guardare Dentro, Guardare Oltre"
[...] Ecco che il colore suadente e caldo della pittura si impallidisce e raffredda ad opera di una luce d’origine spettrale, morta, innaturale, lasciando così emergere l’immagine dello scheletro nascosto, celato, dall’offerta di quella morbida carne piena di vita e bellezza. Lo sguardo dello spettatore precipita nell’azzurro vuoto inespressivo della lastra radiografica. L’immagine ha tutti gli ingredienti artistici del memento mori. L’immateriale entra nel mondo delle maschere. Descrivendo questo percorso, si può individuare tutto lo spessore del lavoro di Meneghetti. Tuttavia, per capire la sensazione che oggi si può provare guardando-sentendo le immagini di Meneghetti, bisogna distinguere alcune specifiche tappe in cui la tendenza dell’anatomista rinascimentale che lui traghetta nella spettacolare macelleria mediale del divertimento contemporaneo. Renato Meneghetti, nelle sue elaborazioni pitto-radiografiche rivela volti ed espressioni nascoste, mediante immagini anfibie, di pura creatività, costruite partendo dalla magia scientifica per giungere a quella artistica, l’unica che conta infine, anche per Meneghetti. Congiunzione tra rappresentazione e contrattazione. Meneghetti sta qui ritrattando i nomi dell’arte. Un artista oggi ritratta le convenzioni e le inconvenienze delle arti ma è anche ritrattato al di là del proprio volere e del volere dell’arte stessa. [...]
Alberto Abruzzese
tratto da: "Passaggi: Sfatte-Carni e Morbide Ossa"
[...] Qui si lasciano spiragli, per intelligenza o sensibilità, la “scossa” dell’arte contemporanea rianima con lo “splendor veri” le prevedibili e statiche figure del “simbolismo” dei maestri. Scossa davvero. Meneghetti, fedele alla pittura, ha coniugato il moderno ed il contemporaneo portando la scienza nell’arte, in tutte le arti, egli è il traghettatore Caronte, dal classico al contemporaneo: il ponte tra la storia dell’arte ed il 3° millennio. [...]
Don Giuseppe Billi
tratto da: "Buio! Non Ombra, Luce!"
[...] La conoscenza della storia, in modo completo è concessa però solo a chi come Meneghetti riesce ad identificarsi con essa, non senza però rinunciare ad interpretarne gli eventi o i protagonisti. Una modalità riflessiva che avviene nella serie dedicata ai Grandi Maestri, dove Meneghetti “si appropria” di alcune fra le più note opere della storia dell’arte, per riproporle con una struttura visiva che non rappresenta semplicemente una copia del reale o un’interpretazione della stessa, ma un’immagine che appare come emblema culturale dell’analisi interiore non limitata al soggetto ritratto, ma che si addentra nella psiche del maestro stesso. Lo spazio si pervade di colore sterile, monocromo, il freddo si impossessa della scena, si espande in ogni dove, entra nelle ossa portandole in superficie fino a renderle visibili ad occhio nudo. Corpi espressivi, dove un solo particolare radiografato diviene il tutto. L’anima straripa dagli argini che la contengono per espandere l’urgenza poetica nelle membra, tra i solchi del viso, nelle contorsioni, negli istanti eternamente immobili, tra gli spasmi emotivi, fino ad arrivare a placarsi negli sguardi che hanno rapito il tempo. Inizialmente una strana armonia congiunge tutti i soggetti scelti da Meneghetti; una delicatezza rituale, aurorale, che lentamente perde di definizione, di forma, di pigmento e di distacco tra sfondo e primo piano, fino inevitabilmente a trasgredire in una sorta di crescente malattia dell’esistere. Dai Grandi Maestri si irradia una luce perpetua, dovuta all’armonia tra tecnica e pensiero, per poi produrre un forza espressiva, che confonde e non permette di scindere il reale dalla sua percezione. Le forme rappresentate da Meneghetti vivono nello spazio e nella materia e quindi nello spirito, alla ricerca di quella verità a cui si riferisce Aristotele, quando afferma che la poesia è più vera della storia, perché ha in sé la capacità di concentrare e rappresentare la varietà nella tipicità. [...]
Alberto Mattia Martini
tratto da: "Inside"