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La Biennale di Venezia 1983
40° MOSTRA INTERNAZIONALE DEL CINEMA

XL Mostra Internazionale del Cinema, La Biennale di Venezia, sezione De Sica. Venezia
31 agosto - 11 settembre. A cura di G.L. Rondi
GLORIOSO. GLI ELEMENTI E LA DISCIPLINA DELLA VIOLENZA
a cura di Gregory J. Markopoulos

L'inizio era la disciplina inerente alla violenza. Il bambino incapace di agire verso il bene o il male, è rimasto con il dono del destino. L'artista capace di agire si è mutilato, ripetutamente, nel suo tentativo riuscito con ciò che è diventato la Violenza.
Questo contrario diventa un Glorioso.


Il Manifesto della
40° MOSTRA INTERNAZIONALE DEL CINEMA
LA BIENNALE DI VENEZIA

Manifesto del film

Dal momento della nascita (Rosà di Vicenza) e bruscamente (forse non tanto bruscamente nel senso di creazione) egli comincia a dipingere. Comincia a livello di autodidatta. Come questo succede, nessuno lo sa, e nessuno lo saprà mai. Si può soltanto indovinare che può essere stato a causa della purezza dell'aria di montagna [...]
Tuttavia, il collage del tempo, negli ultimi anni Sessanta, crea incontri con Carlo Munari, con Lucio Fontana. Lo sforzo privato si è già svolto, per uno o due anni, dopo essere entrato all'Accademia, e come dice lui stesso, Renato Meneghetti si barrica in una soffitta e dipinge in un periodo che gli piace chiamare “pittura di getto”. Quali principi generali conosce in quel tempo o acquista dopo, attraverso i suoi incontri crescenti con pittori ed altri, non lo so. Forse rimane ignorante di certi principi che lo portano a creare per se stesso certi desideri, che mette in pratica coraggiosamente. Qualunque cosa faccia, fa le proprie leggi. Di questo non c'è assolutamente nessun dubbio.
L'istante del suo desiderio di creare può provenire dal suo desiderio di distruggere un'opera e di ricominciare sullo stesso spazio o la stessa superficie per affermare di nuovo ciò che è stato perso. La vera tentazione è di sapere, di accorgersi che niente è mai perso.
[...] Sebbene tutto sia nel senso umano perso nella distruzione di qualunque cosa che c'è prima del momento della distruzione, tuttavia il vero momento della distruzione è l'istante che non permette più altra distruzione; torna a creare. Uno pensa all'attorcigliarsi dei colli di due cigni. Quest'azione spettacolare, l'atto di distruzione, diventa una politica personale nel senso più stretto dell'artista.
Azioni variabili, venti variabili portano avanti i possibili, imperfetti Meravigliosi. Il sole, le stelle, i pianeti ritengono le forze del divino, e sono i più divini. L'uomo rimane della generazione finita. Tutte le grazie sono in relazione con il cielo, e per questa ragione c'è nel migliore la ricerca del Bene e del Male. Questa viene assimilata in ogni opera, eternamente.
Come fa il pittore autodidatta che desidera liberarsi dei falsi miti a ricominciare con un'arte che diventa il suo Desiderio particolare? C'è la possibilità della pittura (Ipersoggettivismo: pittura su fotografia), della fotografia (Multiproiezione su schermo umano tridimensionale), della scultura (Carrozzerie umane: plastiche termoformate), della musica (Computer e strumento), e finalmente, l'inevitabile cinema (Costruire in moviola).
Uno può meravigliarsi, ed anche costernarsi accorgendosi che questi contengono gli elementi di disciplina della violenza. Per me, dell'uso della pellicola cinematografica e dei suoi componenti come mezzi, nel senso del nuovo, per le altre arti della pittura, della fotografia, della scultura, della musica, del teatro, non resta nient'altro che le parti smembrate di una creazione improbabile, senza unità, e diventano come la tragedia di Euripide, Baccanti.
Lo smembramento di Dionigi. 0 molto prima, la finzione di Osiri attraverso tutto lo spazio che è il pianeta Terra.
L'opposizione è quella di Cézanne (il quale era di natura violenta), e quella di un Eugène Berman. Le capacità superbe dei sassi di un'opera di Cézanne, con le allusioni del quadro delle Tentazioni di sant’Antonio di Berman, permettono ai lettori di questo testo di capire ciò che sto cercando di trasmettere.
La pienezza esultante, la vera estasi di un'opera di Cézanne, non può mai essere raggiunta dalla derivata persistenza cinematografica di un Berman. Dobbiamo capire che la bontà perfetta è incoronata come un elemento di violenza. Il pittore come medico, riconosce l'anatomia e il paesaggio della situazione.
Il paesaggio è vicino a Bassano del Grappa. C'è una vista spettacolare dalla Villa Drigo, lontano dalle montagne. I luoghi viali di alberi completano il grande castello e le sue stanze spaziose, molte delle quali vengono utilizzate per il lavoro di Renato Meneghetti. La stanza con l'ordinamento cronologico del suo lavoro artistico. La torre sopra, con il suo lavoro classificato, circa cinquecento quadri. I vari quadri sono la vera anima dell'artista, la struttura dell'intero del suo grande Desiderio di lavoro. In una parte inferiore della torre c'è la macchina sulla quale l'anatomia dell'opera è stata dissezionata e anche cento volte distrutta. Qui, il momento creativo si è rivelato, e si svolse l'inizio della redazione di Divergenze parallele; si svolse magicamente quanto il primo momento, a dieci anni, quando apparse il Desiderio di dipingere. Fortunatamente per Meneghetti, egli desidera il suo Desiderio in un modo che è il più serio di se stesso, di nuovo, facendo ciò che desidera fare con sensi ed impressioni visive. Un pittore non fa la stessa cosa quando dipinge, il momento in cui il pennello o il colore tocca la tela, o, in altri casi, colpisce la tela? La morale di posare o colpire sulla tela può essere una questione diversa, forse un elemento, forse una disciplina di violenza. L'artista facendo la sua dichiarazione raggiunge un istante di Beatitudine. Come un bambino, l'artista conosceva istintivamente gli elementi di violenza, e cominciò a creare.

Gregory J. Markopoulos
1982 (in Divergenze parallele, Padova, Viva Edizioni, 1983)

LA COLONNA SONORA - II° OPERA

“Avevo le immagini, avevo i suoni, mi mancava l'azione: ho dovuto fare un film, ho dovuto comporre la colonna sonora.”
Altro successo. E poi il cinema, un film di cui è regista, ideatore, realizzatore ed attore, un film con quattro personaggi “Io, io, io e ancora io”. Un film che ripercorre le sue contraddizioni ed utilizza la sua musica. Un film premiato alla Biennale di Venezia e a Berlino, dove il suo nome compare tra Bergman e Fellini.
Tutto questo per rispondere alla sua intuizione ... che non era giusta! Ed insiste!
“Mi sono sbagliato anche realizzando cose all’avanguardia come il museo dell’auto. Così mi sono detto: Sei un pittore, e devi restare pittore!”
Non è un ammirevole ritorno sui propri passi? Avere la possibilità di scegliere tra due forme di genio ... e il coraggio di scegliere.
Oppure ...
Racconta: “Quando il mio film, le mie foto, la mia musica sono usciti, alcuni hanno gridato al genio, ma altri hanno detto “Questa è merda.”.

LA MIA RICERCA MULTIMEDIALE

“Per la mia ricerca multimediale questo film rappresenta un salto di qualità.
Il mio problema attuale: impadronirmi del mezzo tecnico per rappresentarmi.
Il mio problema concreto: rimodellare la mia creatività.

Ho concepito questa nuova opera indeterminata in uno spazio-tempo indeterminato. Il vincolo della mitologia degli oggetti non mi interessa piú; me ne sono liberato. L'oggetto è labile e mutevole, si conduce alla sua distruzione. La ragione della mia opera, invece, risiede nel rappresentare l'idea, il concetto nell'immanenza del viverlo. Devo fissare l'idea nell'immagine e trasmettere l'immagine trasmettendo istantaneamente l'idea, per farla rivivere in ogni nervo del fruitore. Ecco il mio salto di qualità: dalla tela all'obiettivo; e poi: da dietro l'obiettivo al davanti l'obiettivo. Rivendico al mezzo fotografico e cinematografico gli stessi diritti e la pregnanza culturale del mezzo pittorico. Ho scoperto in questo mezzo la capacità della cronaca quotidiana, la rapida capacità di fissare l'evento senza sovrapposizione di imbrogli culturali; sublimazione dell'interpolazione delle immagini, della scoperta di nuovi mondi e nuovi orizzonti da ottenersi con successive sovrapposizioni e mistificazioni finalizzate.

E chi può essere cosí sublime, chi può fare opera egregia e completa nella sua intima emozione al di là e meglio dell'autore che diventa nel contempo attore, assumendosi il compito e l'onere di porsi come archetipo del reale e del suo mutarsi, di porsi come immanente in ogni cosa, dovendo rappresentare tutto attraverso se stesso: la sua immagine ad arte manipolata?
Bisogna, però, puntualizzare: se coloro che appaiono i "dottrinari dell'antidottrina", i "nuovi filosofi dell'immagíne", gli "sperimentatori per eccellenza" sostengono che sia decretato notevole solo ciò che la fotografia fotografa perchè in tal modo il "qualunque cosa diventa cosí il massimo sofisticato del valore, perché in sostanza la foto diventa sorpresa dal momento che non si sa perché sia stata fatta" (Roland Barthes), per me le cose stanno in modo diverso proprio a livello di scelta programmatica.
In quel caso si corre il ragionevole e concreto rischio di ricadere nelle pastoie dell'ideologia, del teorizzare prevalente all'agire, del lasciarsi fagocítare dal mezzo anziché dallo scopo: da un programma di arte, si ci dirige ad un programma di iconografia senza scopo preciso, che lascia tutto quanto al semplice caso ed i termini reali del discorso completamente inevasi: insomma, un discorso fra muti, ciechi e sordi. Qui, invece, sebbene il caso, l’iconografia ed il mezzo siano presenze di non poca pregnanza, ci troviamo di fronte ad una proposizione inequivocabile: il quotidiano viene rivalutato, riprogrammato ed esaltato non in quanto modalità immaginifica esteriore, bensí in quanto pregnanza temporale nel senso di immediato, di subito-qui-ora-adesso, nella contemporanea coscienza del mio essere transeunte.
Il mezzo fotografico, prima, fornisce il supporto tecnico ed il momento tecnologico culminante: la modalità satanica del fermati, sei bello! ", che poi si evolve nell'azione cinematografica dello svolgimento, del riprendere a correre, del rifuggire la sempre presente tentazione del sostare lasciandosi corrompere in una soluzione finale ed in uno scopo "ragguardevole" raggiunto.

Ma è tuttavia importante che io abbia preso coscienza di una simile realtà, perché ciò mi ha permesso di determinarmi e di vincolarmi ad un mio proprio personalissimo credo estetico che se certamente è suscettibile di critica e opinabilità, d'altro canto gode di una non dubbia originalità d'insieme e di interessanti risvolti di futuro approfondimento. Questa operazione, è evidente, non poteva trovare migliore alleato per la propria proposizione e concretizzazione estetica dell'obbiettivo cinematografico.

Voglio "entrare nella camera e danzarvi dentro", secondo la sola concepita chiarezza e violenza della proposizione della mia problematica. Se ne dovrebbe dedurre che il salto verso la estrema rappresentazione e proposizione estetica attraverso la cinematografia, sia del tutto fisiologico tramite quell'altra componente essenziale che della cinematografia sono la musica ed il rumore. lo tendo a raccogliere e sintetizzare in un significato di pieno compimento i due elementi costitutivi e caratteristici che, in definitiva, sono sempre rimasti "in fieri, ma presenti lungo tutto il corso della mia attività: la rappresentazione figurata ossequiente al mio assoluto e parossistico attivismo, e l'effetto sonoro che da trasferimento di plauso esterno di apprezzamento dell'oggetto, diviene componente di essenziale complementarietà della mia nuova tendenza sperimentale.”

Renato Meneghetti

SINOSSI
DIVERGENZE PARALLELE, 103’, 1982

Il film espone il dramma del protagonista, un artista che non riesce a chiarire la propria posizione nei confronti dell’arte.
Vorrebbe operare, da un lato soltanto alla ricerca estetica, ma, nello stesso tempo si trova soggiogato dal suo desiderio di onori, ammirazione e denaro.
Questo film sostanzialmente è l'autobiografia di Renato Meneghetti; il suo cmmino di artista e la sua vita stanno su due piani esistenziali: l'artistico-idealistico ed il sociale-materiale. Il racconto è un continuo flash-back in cui l'arte e la vita vengono constantemente in contatto l'un l'altro e producono il "carattere di Meneghetti", le sue paure, le sue delusioni ed infine, le aspirazioni di un uomo che è, prima e soprattutto, artista e creatore. In questo modo veniamo a scoprire la natura e le forze guida che stanno sotto la creazione artistica, quale è la ragione della sua esistenza. Nondimeno, soprattutto, abbiamo l'opportunità di giungere a conoscere, o provare a conoscere, la complessità, l'eccentricità, la disarmante personalità di Meneghetti, in arte "MR il fagocitato", sempre il lotta con l'altra metà del suo essere. “La “performance” diventa attivamente il momento di passaggio fra l’attività della sollecitazione statica verso la sollecitazione dinamica. Suo oggetto è sempre inequivocabilmente me stesso, perché mi sono convinto di “dovermi prestare”.
Mi sono scoperto, metaforicamente parlando, non più mano d’autore, ma suo pennello attivo attraverso la mia propria fisica proposizione estetica manipolata con tutti gli elementi concettuali e catardici scoperti nella mia personale ricerca di chiarezza.
Ma è il mezzo di linguaggio assunto e da me portato avanti che mi qualifica a nuovo ed importa. Ho voluto “entrare nella camera e danzarvi dentro”, secondo la sola concepita chiarezza e violenza della proposizione della mia problematica.
Ecco il mio salto di qualità: dalla tela all’obiettivo; e poi: da dietro l’obiettivo al davanti l’obiettivo. La somma di una ricerca che ho svolto con gli strumenti della pittura, del teatro, della performance, della scultura, del cinema. Un oggetto artistico globale che, avvolto in frammenti filosofici, riconcilia voce, ascolto, senso, scrittura ed anagramma sonoro con il doppio artificio dell’immagine e della maschera. Se ne dovrebbe dedurre che il salto verso la estrema rappresentazione e proposizione estetica attraverso la cinematografia, sia del tutto filosofico tramite quell’altra componente essenziale che della cinematografia sono la musica ed il rumore.
Io tendo a raccogliere e sintetizzare in un significato di pieno compimento i due elementi costitutivi e caratteristici che, in definitiva, sono sempre rimasti “in fieri, ma presenti lungo tutto il corso delle mia attività: la rappresentazione figurata ossequiante al mio assoluto e parossistico attivismo, e l’effetto sonoro che da trasferimento di plauso esterno di apprezzamento dell’oggetto, diventa componente di essenziale complementarietà della mia nuova tendenza sperimentale.”

Renato Meneghetti

L’evoluzione delle esigenze distillate attraverso le nuove e più contemporanee terminologie, ha condotto Renato Meneghetti a fere della necessità di un’operazione di riconsiderazione di se stesso e della propria attività, lo sbocco di una nuova opera, dove possa avverarsi l’estrinsecazione e la sintesi delle sue molteplici ed instabili necessità.
L’idea fondamentale che presiede all’Operazione “DIVERGENZE PARALLELE” è l’esigenza , affatto nuova, di interpretare se stesso attraverso la riconsiderazione della propria attività culturale, delle necessità vere o presunte che vi stanno alla base, dei raggiungimenti effettuati, degli scopi concretizzati.
In questa operazione che nasce, come d’altro canto sono sempre nati i lavori di Renato Meneghetti, da un improvviso intuire a livello di percezione cosciente, e da un suo subitaneo realizzarsi attraverso un’operazione frenetica, egli scopre con evidente gioia la propria perfetta adattabilità al nuovo mondo che si estrinseca e si manifesta per il tramite della cinematografia, tanto che non esiste il minimo dubbio che tutto per lui sia non solo naturale, bensì quasi consuetudinario.

Davanti alla cinepresa egli non interpreta né agisce, “vive e rivive” la propria vicenda con tutta l’angolosità, ma anche con la limpida veridicità del “parvenu”.
Lo si percepisce liberato, perché finalmente gli viene offerto un palcoscenico tutto per sé, dove il suo svolgimento non è legato se non al libero corso ed allo sfogo dell’onda dei ricordi, dei territori e delle gioie; dove la realtà dei fatti obbiettivi, si mescola in modo sempre più totale ai fatti immaginati, gli uni e gli altri legati fra loro dal cemento del ricordo.

Qui si combatte una sorta di lotta fine a se stessa nell’ambito della quale si vorrebbe gli altri vivi e vitali, ma nel contempo ossequienti alla singola volontà dell’Autore (il concerto dei manichini); qui si dichiara esternamente di ambire al dialogo ma sotto condizione che esso sia agiografico (la pantomima dei litigi sul set con il suo seguito di scena); ci si dichiara liberi, non soggetti all’altrui volontà, nello stesso momento in cui si soggiace alla sirena del proprio orgoglio e della propria vanità, che sospira e sogghigna nell’ambiguità della sua veste ora bianca, ora nera, ora bicolore, in una anodina concreta e tattile rappresentazione del bene, del male, dell’indecisione fra l’uno e l’altro.

Ecco, infine, la dichiarazione di conoscenza alla quale è oramai naturalmente indotta la megalomanía dell'Autore: se non è possibile entrare dalla pelle del finito in quella dell'universale, egli, tuttavia, ritrova la propria "universalità" nella contrapposizione totale, nel suo divenire "vittima sacrificale"; per cui il riandare velocemente a ritroso nel vorticoso riproporsi delle immagini della sua vicenda vissuta, se appare, sotto il profilo della finzione tecnica, un po’ specioso, tuttavia contribuisce ad evidenziare questa intima concupita sacralità del personaggio attraverso il suo lucido "non opporsi al sacrificio di sè", che ne costituisce la sintetica totalizzante sublimazione finale.

Giancarlo Gastaldo

DIVERGENZE PARALLELE
scheda tecnica

Titolo
DIVERGENZE PARALLELE
Anno di Produzione
2004
Genere
Videoarte
Produzione
Studio Renato Meneghetti
Regia
Sceneggiatura
Fotografia
Musica
Renato Meneghetti
Attori
OPTIONAL, il Cervello
3D, Rendering e Montaggio
Silvio Lando
Durata
9'38''
Colore
SI
Formato Originale
3D Studio MAX
Audio Originale
Digitale/Digital
Lingua
Inglese